Trent’anni anni fa, Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro persero la vita a Capaci in un attentato messo in atto da Cosa Nostra.
Una data, quella del 23 maggio, che rappresentò il risveglio della coscienza della società civile, consapevole del proprio ruolo nella lotta contro la mafia. Consapevolezza che, col tempo, si è sopita. Infatti, l’antimafia, a parte qualche eccezione, è diventata un momento di ricordo nelle giornate della memoria e spazio per marce di sensibilizzazione.
Oggi, sicuramente, ci sarà il messaggio di qualche rappresentante istituzionale, qualche iniziativa, tantissimi post sui social e nient’altro.
È sacrosanto ricordare per non dimenticare. Però, è anche importante mettere in pratica l’antimafia, quotidianamente, per diffondere la cultura della legalità. C’è bisogno di un lavoro lungo e faticoso da parte di Istituzioni, Chiesa, società civile, scuola e classe politica tutta.
Però, oltre a questo, le Istituzioni a tutti i livelli dovrebbero affrontare la mafia anche con azioni concrete, come, per esempio, restituendo alle comunità i beni confiscati alle mafie al fine di farli rinascere come progetti che contrastino questo fenomeno.
È importante ricordare ed essere Capaci di agire per rendere onore a coloro che persero la vita per la legalità.