L'APPROFONDIMENTO

Il tempo che passa: la dolce e forte risorsa delle persone anziane

Saverio Costantino
Saverio Costantino
Anziani
Penso che non basti ai giovani dare del "boomer" agli adulti, quando magari hanno dimenticato quello che velocemente bruciano, non conservando la memoria
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Il tempo passa e cresce il bisogno di consolidare i ricordi, non negando mai il progresso, ma considerando però il fatto che tutto ciò che cambia non sempre è un progresso.

Viviamo in una società che nega il passare del tempo, quindi l’inevitabile invecchiamento. Ha quasi paura che ciò avvenga. Invecchiare non significa “sentirsi vecchi”, ma spesso significa fare altre esperienze con una pace emotiva diversa, aspettare altri riscontri che non siano il semplice rincorrere cose che poi con il passare del tempo si rivelano inutili. I genitori invecchiano e noi stessi, ugualmente genitori, invecchiamo, come invecchieranno i nostri figli. È il ciclo della vita e nessuno può cambiare questa posizione o può alzare una barricata. Ognuno di noi prima o poi occuperà una di queste posizioni. Potrà però invecchiare con la serenità di avere intorno gli affetti più cari?

Il racconto dei nostri anziani, a volte reiterato, non è un disvalore, ma un modo per segnare il proprio tempo, con i vissuti di un passato che si affaccia nel presente. Non è così quando ai nostri figli piccoli raccontiamo sempre la stessa storia rassicurante?

La pazienza è solo una restituzione ai nostri genitori di una dedizione che hanno avuto loro nei nostri confronti, aspettando pazientemente che crescessimo, con tutte le nostre imperfezioni o energie distruttive, anche diverse.

Scandire i tempi e le attività, pur di condividere una bella emozione, mi fa pensare a quando le mie figlie Carlotta e Chiara volevano giocare a fare la corsa con me. Ovviamente dovevo correre meno veloce per consentire loro di vincere. Come era bello rallentare per dare loro il senso della parità nella competizione. Noi questo spesso lo dimentichiamo.  Egoisticamente dimentichiamo che se noi siamo in grado di correre, non è giusto che lasciamo soli e indietro coloro che ci hanno aspettato e ci hanno guidato nei primi passi.

Dico spesso alle mie figlie che se oggi sono qui è perché le abbiamo protette quando non erano autonome. Non è un peso avere genitori da guidare. Dare loro la mano è per noi quella sicurezza di aver dato un grande appoggio, un gesto che si trasmette e che ci trasmette tanta gratitudine.

Lasciare il mondo dell’anziano con i suoi oggetti, i suoi spazi, le sue relazioni è un modo per non negare la memoria e non stravolgere il mondo emotivo. Penso che non basti ai giovani dare del “boomer” agli adulti, quando magari hanno dimenticato quello che velocemente bruciano, non conservando la memoria. Passano mille relazioni, senza che realmente si possano definire tali, perché non sempre sono in grado di creare legami e affetti veri. Si parla sempre meno di amore, anche se poi siamo tutti poeti e saggi sul palcoscenico dei social o della vita sociale virtuale, che però ci ha tolto la capacità di abbracciare.

Nessun genitore è un eroe, pur dedicando la propria vita completamente ad un figlio. Si diceva “abbiamo fatto sacrifici per crescere un figlio”, ma il sacrificio era amore e dedizione. E allora perché far invecchiare un genitore per un figlio è un atto quasi eroico? Dovrebbe essere una evoluzione naturale quella di esserci al tramonto, come all’alba, se la vita è continuità e non tratti interrotti.

La cura e il prendersi cura è ormai un contenuto che sembra quasi obsoleto, ma la tecnologia non è la nostra vita, anzi. Dobbiamo lottare per sentirci autonomi, magari conservando la nostra memoria, anziché affidare tutto all’agenda elettronica. Non è che l’Alzheimer è connesso con la negazione della memoria? E magari non è che tra i mancati stimoli a conservare sotto la spinta della corsa e del cambiamento ci neghiamo continuamente la conservazione, mandando in discarica la rievocazione?

 

 

venerdì 14 Ottobre 2022

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