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La Top Player, seppur col minimo scarto, si è dovuta inchinare ad un Elce Deliceto in una gara nella quale si è resa protagonista negativo di una involuzione tecnico-tattica oggettivamente inspiegabile ed inaspettata.
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In realtà, alle ultime, brillantissime “uscite”, condotte con piglio e cammino sicuri, propri delle grandi squadre, nella odierna tornata ha fatto seguito una recita mediocre e priva del necessitante nerbo.
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Però, seppur la severità del giudizio e quanto mai pertinente, non si può non considerare ed analizzare, con serena lucidità, quanto visto in campo.
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L’avvilente scenario ha visto i locali conferire all’evento un tratto distintivo biasimevole e comunque lontano anni luce da quello spettacolare che, normalmente, è lecito attendersi.
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Alla base di tutto è stata posta la componente fisica, nella sua peggiore delle eccezioni, più che su quella nobile del sano, sportivo e leale spirito competitivo che, d’uopo, dovrebbe in ogni dove e circostanza, assurgere a “vangelo”.
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Basti pensare che, a fronte di quanto detto, il pallone appariva quasi un corpo estraneo, fastidioso e oltremodo ingombrante; non da calciare ma da prendere a calci!
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In questo deprimente contesto, quasi fisiologicamente, chi ha avuto la peggio è stato l’undici di mister Corcelli, sicuramente meno abituato a sfide di tal tenzone.
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In pratica, se si considera che nell’arco della gara l’unico tiro scagliato (da entrambe le contendenti) verso l’avversaria porta è stato quello della fortunosa rete dauna, senza sforzo si evince che questa è vissuta tra nullità tecnica/emozionale e riprovevoli, patetici teatrini.
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Affinchè questo passo falso risulti semplicemente uno spiacevole avvilimento, è necessario resettare e rimuovere l’accaduto onde ritrovare, sin dalla ripresa degli allenamenti, gli stimoli giusti per orientare le attenzioni allo stimolante prossimo impegno, quando al comunale minervinese sarà di scena la (fin qui) autentica mattatrice del campionato: il Canusium.
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L’impegno può sembrare improbo ma, visti i precedenti della “corazzata” (sconfitta in quel di San Severo), corre l’obbligo di alimentare e coltivare la certezza di potersela quantomeno giocare.
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